Una storia e una preghiera
……. una corrierina bianca che ci accompagnava a scuola dalle Sondraie ed una corrierina blù che ci portava a scuola dalle Ferruggini: la scuola di San Guido, una scuola sulla tipologia dei college inglesi. Con il maestro la mattina, pranzo a metà giornata, la partita di pallone ed il doposcuola nel pomeriggio, poi un bicchiere di latte in polvere a merenda dalla arcigna suor Candida e poi via, tutti a casa con le stesse corrierine. Si buttava via la cartella per andare a vedere la tv dei ragazzi con i vari Rintintin, Furia cavallo del west, Bracco baldo show, Bubu e Yoghi e gli Antenati. Tutto a posto e tutti contenti e spensierati e poi la cena con i nostri genitori che tornavano stanchi dal lavoro, ma tranquilli perché a tutta la nostra giornata aveva già pensato Lei, Lei con la ELLE maiuscola, al punto che sembrava a noi tutto dovuto, ma oggi ci rammarichiamo di non averla mai ringraziata abbastanza. Una benefattrice nobildonna, schiva e riservata, che comunque non potremmo mai dimenticare: la marchesa, la chiamavamo tutti così, non c’era bisogno di aggiungere altro, il suo nome: Clarice Incisa della Gherardesca.
E poi i regali a Natale e a Pasqua e poi la visita dentistica ogni mese. Nella sua umiltà e signorilità non faceva distinzione tra marchigiani e toscani.Eravamo tutti i benvenuti nella sua scuola che accolse almeno tre generazioni.
Pensare che quando arrivai nel 1964 insieme alla mia famiglia di operai e salariati, ricevetti da lei per posta una sorprendente cartolina di benvenuto! “ BENVENUTO”, firmata “Clarice Incisa Della Gherardesca”.
Ultimate le elementari, tutti alle scuole medie di Castagneto. Non più le corrierine, ma un pullman vero.
A San Guido, nel campo di calcio davanti alla chiesa che la stessa marchesa fece realizzare per la scuola, organizzammo un torneo a tre squadre e li cominciammo a mettere in mostra le nostre innate qualità calcistiche, al punto che durante le partite, il terreno di gioco era protetto dal numeroso pubblico con una corda tutto intorno.
Erano presenti anche esperti osservatori delle squadre dei paesi limitrofi, che erano venuti ad osservare per selezionare coloro che si mettevano più in mostra e così fu che quasi tutti noi approdammo alle squadre giovanili di categoria.
Bartolomei Leone, data la sua statura fu prelevato come portiere dal Semaforo Rosso di Castagneto.
Alla sua prima uscita indossò i pantaloncini al contrario, vale a dire con il taschino davanti anzichè dietro. Se ne accorse uno stuolo di ragazzini postati dietro la porta e lo fecero talmente nero di sberleffi al punto che già nel primo tempo Leone ne aveva già presi 3. La carriera calcistica di Leone durò malamente e prematuramente il solo tempo di una partita, perché nel secondo tempo non fu fatto rientrare.Poi partecipammo ai tornei estivi di Donoratico la cui prima squadra di categoria era allenata da quattro mitici alfieri: Taliani già pensionato ed ex giocatore di serie C, Croccolo con la sua Fiat 1500 blu metallizzata, Tonelli il taxista e Santini il macellaio. Il Taliani preferiva allenare i pulcini ai quali insegnava lo stop di piede, di ginocchio e di petto, metteva una fila di barattoli distanziati e noi con il pallone al piede ci faceva fare la gincana. Il Croccolo allenava, si fa per dire “allenava”, il sua compito principale era quello di andare a prelevare i ragazzi che abitavano in campagna al punto che la sera prima si raccomandava di farci trovare pronti e poì la mattina di domenica veniva a bussare all’avvolgibile di camera mia, già preparato che mi avrebbe trovato ancora a letto e via di corsa con il sacchetto di plastica della Coop con le scarpette ed un asciugamano. Le magliette ce le davano la prima squadra, ma erano sempre quelle talmente più usate al punto che si erano ritirate e non entravano più nei pantaloncini e quando tirava la tramontana ….! Specialmente al campo di Campiglia Marittima, ben esposto alle intemperie, il freddo entrava dappertutto.
Al Magoncino di Piombino giocavamo in un campo di terra senza un filo d’erba e quando pioveva la mota arrivava alle caviglie. Gli spogliatoi erano baracche di lamiera con i cavi elettrici scoperti che sotto la doccia potevano inconsciamente restarci secchi per l’incombente pericolo, ma non ci lamentavamo ….
Poi alla fine del campionato invernale di categoria ci ritrovavamo tutti insieme al torneo estivo al bel campo di Donoratico, dove davamo tutto noi stessi, alla squadra e per il gruppo in cui eravamo cresciuti insieme.
Giocava anche Leone, ma solo come portiere di riserva, visto come era iniziata e subito andata a finire esperienza di Castagneto. Titolare era Bernardo Persico detto anche Bernardino che quando urlava “MIAAA”, con le mani protese, la palla era già alle sue spalle. Alternava in effetti delle grandi parate a qualche gigionesca papera, ma il suo ruolo non traballava, visto chi aveva dietro !
Il protagonista indiscusso era mister Mannelli, un simpaticone che di calcio non ne capiva un granchè, ma si faceva rispettare anche quando decideva di cambiare strategia o formazione, al punto che una volta in una partita importante, con tono imperioso negli spogliatoi comandò: “stasera voglio tentare la carta Frittoli con il numero 11”. Appena lo sentì, il Felicetti prese la maglia che era sempre stata sua, la numero 11, se la mise anche se gli stava così stretta, viste le magliette che si ritiravano e vista la stazza del Felicetti e disse a tutti noi: “ ed ora provate a levarmela! Se vi riesce” Al Frittoli non restò altro da fare che andare a sedersi in panchina. Felicetti fece goal ed a fine partita il Mannelli disse imperioso “ il merito è mio che ho voluto stimolare il Felicetti” e tutti a ridere …!
E poi c’era Trobbiani Piero, detto Tobia, il primo regista della storia del calcio, ancor prima di Paolo Giovannelli, regista sempre a testa alta con pallone tra piedi, sempre pronto a dettare il passaggio risolutivo. Tra i suoi primati di cui può andarne fiero è che in Toscana era ed è ancora l’unica persona a tifare per il Bologna !
Da non perdere d’occhio Bartolomei Marcello detto anche Zigo, il perenne innamorato del pallone. Tu potevi anche essere davanti alla porta vuota, lui con il pallone tra i piedi ti guardava e tornava indietro a cercare un avversario per scartarlo e magari lo aveva già scartato, ma non era contento e lo voleva ridiblare e ti lasciava con la rabbia dentro per non aver sfruttato la ghiotta occasione. Ingaggio Spal dal Donoratico per un milione e mezzo di lire, poi Pordenone, Cecina, … Classe a parte non fu capito, anche perché nemmeno lui aveva capito che la palla si passa, possibilmente di prima !
Lo sapeva benissimo Carlo Fuselli, ma per Carlo era naturale giocare la palla di prima e per la squadra. Campione mancato, ma forse per la troppa umiltà e mancanza di voler essere. Mai in discussione la sua classe ed il suo altruismo, in campo e nella vita. E pensare che a quel tempo, quando si giocava la domenica mattina a San Vincenzo, al campo sportivo lungo la ferrovia, anche quello sterrato,senza un filo d’erba, sembra che corresse voce, che alla vista di tanta classe del Fuselli, il treno rallentasse ed i viaggiatori si accalcassero ai finestrini per godere di tanto spettacolo e che poi il treno ripartisse. soddisfatto della sosta.
Spinelli detto Cimpiel, arcigno mediano di rottura e di impostazione, sempre prezioso, e poi con il Chiappini non si passava, perché Giovanni, con due raspate delle sue, riacciuffava l’avversario e si ripartiva!
Brunetti Alessandro, calciatore prima ed allenatore poi, al punto che era riuscito a far giocare a pallone anche il suo amato cane insieme alla squadra. Spinelli e Brunetti i due oriundi toscani più amati dai marchigiani e viceversa !
I due fratelli Rossi, Rossi Roberto aitante libero di posizione e Rossi Maurizio, che faceva la comparsa, ma solo in tribuna tra l’estasiata tifoseria del pubblico femminile
A fine elenco non posso che non menzionare Poggiolesi, il “giullare della squadra”, colui che si attribuisce il merito di possedere un manfanotto da famiglia, ma per quel che ci risulta, tutto finisce li, in termini calcistici ne siamo certi, per numero di conquiste non abbiamo riferimenti !.
C’ero anch’io Pietro Campanelli, centravanti ala di razza che non si tirava mai indietro, anche quando si trattava di andare verso la rete del campo per discutere animatamente con il pubblico che lo beccava. Così è rimasto di carattere anche oggi con i suoi 70 anni suonati!
La mitica formazione era questa: Persico, Chiappini, Sapone, Spinelli, Rossi e Carli, Campanelli, Bartolomei M., Fuselli, Trobbiani, Brunetti e Felicetti ed ancora gli indimenticati, il sempre presente Bertini Piero e l’eclettico Arco che ricordiamo con affetto e che troppo presto uscirono dal campo di gioco e dal campo della vita.
In panchina: Bartolomei Leone, Poggiolesi, Persico Giovanni, Frittoli, Rossi Maurizio. Allenatore Mannelli
Oggi siamo ancora “quasi” tutti qui, a scherzare ed a sorridere. A raccontare i tanti piacevoli episodi ed aneddoti della nostra vita. Non possiamo dire che non siamo stati fortunati, con l’auspicio e la preghiera di incontrarci ancora il prossimo anno e negli anni a venire, per sorridere e scherzare ancora, anche senza l’amato pallone, ma con l’aiuto del buon Dio a cui chiediamo salute ed armonia.
Pietro Campanelli 14 novembre 2025
C’ero anch’io !
Donoratico, estate 1976

